Le società umane si sono evolute sostituendo la legge del più forte e quella del “taglione” con un corpo di norme che gradualmente ha assicurato la pacifica convivenza fra i cittadini e la supremazia della legge (rule of law). Questo percorso è in continuo divenire, ma con velocità e risultati variabili a seconda dei contesti. In quello italiano, possiamo convenire di aver raggiunto dei risultati soddisfacenti?
Per certi versi il paese è cresciuto, talvolta oltre le più rosee aspettative, ma permangono vaste aree di arretratezza che giustificano il nostro impegno. Come giudicare soddisfacente una società nella quale:
- si usa ancora la violenza per farsi rispettare e per affermare il proprio status?
- Certe zone sono controllate dalla malavita e non dallo Stato, con una sospensione dello stato di diritto?
- Il patriarcato è ancora imperante e la donna viene discriminata, almeno sostanzialmente, dal punto di vista economico e talvolta politico?
- Gli immigrati vengono visti con sospetto e talvolta sono oggetto di violenza razzista, proprio in un paese che ha dato origine a importanti flussi migratori di connazionali che a loro volta sono stati oggetto di atteggiamenti razzisti nei paesi di destinazione?
Se la nostra analisi è corretta, occorre reagire. Lo Stato fa quel che può ma è mancata una strategia globale di contrasto del crimine organizzato. Non potremo essere noi a correggere questa carenza, ma possiamo contribuire a dimostrare che un pezzo di società civile si oppone all’indifferenza, e talvolta anche all’omertà, che circondano questi fenomeni. Noi vorremmo piantare un seme che dimostri che l’Italia:
- è sì il paese della mafia, ma anche dell’antimafia;
- è sì il paese dei femminicidi, ma anche dell’impegno per la parità di genere;
- è si il paese che ha avuto una reazione di rigetto verso il fenomeno migratorio, tumultuosamente cresciuto negli ultimi anni, ma che ha anche generato un movimento di solidarietà e di spontanea accoglienza.
Il nostro contributo, per piccolo che sia, è inteso anche a ridare dignità all’Italia. Il nostro è uno dei sei pasi fondatori dell’Unione Europea, è membro del G7 e delle principali organizzazioni internazionali. Qualora uscisse dall’UE e volesse rientrare, l’Italia sarebbe sottoposta a un rigoroso controllo del proprio livello di funzionamento del sistema democratico e dello stato di diritto. Come si concilia tutto ciò con la presenza ramificata della malavita? Come si concilia con il fatto che pezzi di territorio sono ancora in mano alla criminalità organizzata? Non vogliamo certo ergerci a emuli di Falcone, Borsellino e di quanti, magistrati e membri delle forze dell’ordine, hanno perso la vita per la lotta alle mafie. Riteniamo però che la dignità del Paese possa essere ritrovata solamente se la società civile dimostra di avere dei forti anticorpi rispetto a questa deriva criminale.
